UNO SCIENZIATO A PEDALI: CONOSCERE E’ FACILE!

copertinaUno scienziato a pedali – Emilio Rigatti, Domenico D’Alelio- Ediciclo editore- Euro 10.00- Recensione e intervista 

Un gruppo di scienziati che decide di “scendere in strada” nel senso più letterale del termine, intraprendendo  un viaggio in bicicletta tra due mari, l’Adriatico e il Tirreno per divulgare la scienza tra i non esperti del settore, cittadini curiosi, bambini, anziani . Questa l’avventura narrata dai due autori di “Uno scienziato a pedali” , Domenico D’Alelio e Emilio Rigatti, ricercatore il primo, scrittore il secondo. Un diario di bordo che segue pedissequamente le giornate dei ricercatori in bicicletta e dei loro interlocutori ma anche un excursus di sensazioni, emozioni , di pittoresche descrizioni di luoghi ricchi di storia e natura, talvolta sconosciuti al grande pubblico. Lezioni di ecologia nel senso più nobile del termine capaci di attirare l’attenzione anche del discente più scapestrato. Uno sforzo da entrambe le parti permette di abbattere i muri: l’impegno di uscire dalla Torre d’Avorio da parte dello scienziato e l’impegno di vincere la timidezza da parte di chi “sa di non sapere” spezza ogni barriera tra il professionista del settore e il comune cittadino… o meglio tra lo scienziato e colui che vuole saperne di più di questa “misteriosa scienza” (il termine comune cittadino non è gradito a uno degli autori in quanto, dice, anche gli scienziati sono comuni cittadini!). La didattica scientifica diventa divulgazione, nel suo senso più pregnante come “l’attività di comunicazione rivolta al grande pubblico delle nozioni e ricerche accademiche in forma accessibile e di facile comprensione. Si occupano (o dovrebbero occuparsi (n.d.r.) )di tale attività i divulgatori scientifici, che sono in genere scienziati, ricercatori, giornalisti, studiosi o esperti della materia.” (definizione Wikipedia)

informazione scientifica informale

informazione scientifica informale

Un bisogno di conoscenza che spesso resta inascoltato, l’atteggiamento un pò snob del sapiente nei confronti di colui che ignora determinati argomenti lascia domande inevase, eppure queste domande non sono sempre semplici curiosità ma costituiscono temi fondamentali della nostra vita sociale, del nostro benessere fisico, della nostra salute. Sapere, conoscere è un nostro diritto oltre che un nostro dovere!

In “Uno scienziato a pedali” l’amore dell’uomo di scienza verso il proprio lavoro si unisce all’amore per la natura, per le relazioni, un atteggiamento umile ma allo stesso tempo deciso, da qui si intraprende  il discorso sull’ambiente, sulla nostra “casa” (oikos(casa) e logos (discorso)= ecologia), una lezione di vita prima che di scienza. Un’energia che si sprigiona dallo scienziato, che lo spinge a condividere il proprio sapere e che ritorna a lui ancora più potente, arricchita dalle risposte (o forse più dalle domande?) dei suoi curiosi interlocutori.

rigatti e d'alelio

Rigatti e D’Alelio

Anche noi abbiamo voluto “approfittare” di questa spinta propulsiva alla comunicazione e della disponibilità di uno degli autori, Domenico D’Alelio, e gli abbiamo rivolto alcune domande su temi che attualmente circolano sulle nostre bacheche virtuali e nelle nostre conversazioni quotidiane, dall’acqua ai vaccini…

Da cosa nasce l’esigenza di scendere dalla Torre d’Avorio in cui per anni si è rintanata la scienza? Perchè ancora oggi è difficile abbattere quella distanza che divide il mondo scientifico e la società civile, causando un corto circuito di informazioni che, di conseguenza, genera paure ed equivoci? (pensiamo ad es. a quello che sta succedendo con i vaccini)

L’esigenza di scendere dalla cosiddetta “Torre d’Avorio” è qualcosa che provano molti scienziati al giorno d’oggi, forse proprio perché l’iper-settorializzazione della scienza, l’iper-specializzazione dei ricercatori, la velocità con la quale avanza la conoscenza scientifica, non sono seguite da una piena condivisione di questa conoscenza con la società estesa. Per quanto mi riguarda, una grossa parte di quella spinta a scendere dalla Torre è stata provocata da quel sentimento di alienazione che sentivo quando provavo a spiegare il mio lavoro ai miei parenti, amici, conoscenti. E soprattutto quando provavo a far capire perché questo lavoro era importante per la società. Allora ho colto un’occasione che mi si è presentata tre anni fa, come se fosse una valvola di sfogo a questo mio “malessere”. La Rete Long Term Ecological Research Italia, della quale faccio parte, che è nata per creare un collegamento (fatto di condivisione di dati, approcci alla ricerca, ecc.) tra gli scienziati italiani che studiano gli ambienti naturali sul lungo periodo, ha deciso di intraprendere un percorso di comunicazione della scienza che definirei “militante”, quasi di strada, proprio per provare ad abbattere “dal basso” il muro tra scienziati e altri cittadini. La Rete ha lanciato una chiamata, indirizzata ai suoi associati, per aderire all’iniziativa denominata Cammini LTER, che consisteva nello sviluppare dei viaggi a tappe guidati da ricercatori e che attraversasse i luoghi dove si faceva ricerca in campo ambientale. Lo scopo era quello di portare la scienza al di fuori dei laboratori e promuovere l’incontro tra scienziati e cittadini. Ed eccomi qua 🙂

Sulla causa della divisione che tu citi, tra la scienza e la società (e già questo è un mismatch, perché la scienza E’ società, gli scienziati SONO cittadini) è storia antica. Il fatto rilevante, per me, è a monte rispetto allo specifico strumento di comunicazione (che comunque è alla base di ogni processo sociale). Il punto cruciale è che il progresso tecnologico sembra quasi che stia allontanando le persone dal pensiero, dalla logica. Le (ci) sta rendendo “automi in programmazione perpetua”. Non pensiamo più, quindi non studiamo più, anche solo per il piacere di studiare, perché la nostra curiosità si accende e si placa in un microsecondo. In un mondo di macchine dove l’uomo soddisfa le proprie esigenze alla velocità di un clic, il pensiero, la “ricerca”, intesa come l’analisi logica delle cause e degli effetti di un processo naturale (e l’uomo è natura, prima di tutto) è totalmente opzionale. Forse perché il nostro cervello è primariamente programmato per soddisfare bisogni a breve termine e quelli a lungo termine sono secondari. Il punto è questo qui. Non voglio dire che non mi piace il progresso tecnologico, no. Ma vorrei che chi utilizza il progresso sia consapevole, almeno minimamente, delle conoscenze alla base di quel progresso.

Questione vaccini, che si lega perfettamente a quanto detto sopra. Chiunque si metta a pensare con la propria testa al beneficio, benché generale e di lungo periodo, di ridurre la mortalità infantile (aldilà della propria progenie), proteggere dalla diffusione di epidemie la popolazione (aldilà della propria famiglia), praticamente, utilizzare il progresso tecnologico sfruttando metodi testati attraverso un approccio sperimentale, capirebbe che tale beneficio è senza dubbio superiore a tutte (tutte) le possibili controindicazioni. Qualcuno ha definito la medicina come un processo che consiste “nell’immettere una sostanza sconosciuta in un corpo ancor più sconosciuto” (frase che lessi su un muro di ospedale, davvero, al mio primo ricovero, venti anni fa). Anche i medici sbagliano, ma non per questo vuol dire che la medicina sia una cosa fallace, anche le terapie falliscono, ma ciò non vuol dire necessariamente che siano delle non-cure create ad hoc per sterminarci, facendo nel contempo arricchire le case farmaceutiche. Il corpo umano è una “macchina” iper-complessa e i fattori di rischio non possono essere esclusi in nessun tentativo di cura. Ma tutto è relativo, ovviamente: se un’estesa infezione batterica la curassi solo con l’omeopatia potrei morire con il 99% delle probabilità; se invece la curassi con gli antibiotici la probabilità di morire si abbasserebbe all’1%.

Da NON esperto di comunicazione sensu stricto, la mia sensazione è che il progresso (quello vero) ci guadagnerebbe tantissimo se, da una parte, i medici parlassero alla gente più informalmente e meno sporadicamente e, dall’altra, i cittadini si lasciassero informare (anche) dagli esperti senza schiumare rabbia dalla bocca gridando al complotto. Il segreto del progresso sociale non sta nel parlare, bensì nell’ascoltare.

In che modo la divulgazione scientifica può raggiungere in maniera efficace un pubblico di non esperti e infondere la consapevolezza che il dialogo con gli scienziati è fondamentale per comprendere piccoli e grandi problemi quotidiani che spesso vengono mal interpretati dal sentire comune?

Davvero lo vuoi sapere? NON LO SO. Come ti dicevo prima, non sono un esperto di comunicazione, men che meno di comunicazione della scienza, una disciplina vera e propria, che vede impegnati un altro genere di ricercatori, i quali studiano proprio, tra le tante cose, l’efficacia di una strategia di comunicazione piuttosto che un’altra. In questo momento, io e le persone con cui collaboro in fatto di comunicazione della scienza, stiamo cominciando ad interagire con questa classe di ricercatori. Ma la strada per dire “fate questo, o cari scienziati, non fate quello” è ancora lunga. Io forse posso esprimere un parere, anche un po’ naif, che poi è sempre lo stesso: dialogare, da scienziato, ma dialogare, farlo in ogni occasione, e mettersi in ascolto, cercare di capire le ragioni del proprio interlocutore, anche se si tratta di una persona avversa alla scienza per partito preso. Poi, per quanto riguarda la mia esperienza personale, scrivo su giornali non tecnici, viaggio, scrivo di viaggio, faccio anche musica (sic), cercando di legare tutte queste cose, che sono fatte per diletto, perché non sono il mio lavoro primario, alla scienza e alla sua comunicazione. Tante ne provo, hai visto mai che qualche messaggio passa

Nel libro l’elemento acqua è preponderante. Pur non volendo entrare in questioni politiche (come evidenzi tu stesso) come è possibile che una terra ricca di “oro blu” come l’Irpinia debba scontare con disservizi e razionamenti idrici la carenza o la cattiva gestione di questo bene essenziale?

Due parole: cambiamento climatico e crescita della popolazione. Aspetti “globali”. Il primo è evidente ad ogni scienziato che non abbia le fette di salame davanti agli occhi oppure meri interessi commerciali in campi che contribuiscono ad accrescere le emissioni di anidride carbonica, gas serra prodotto dalla respirazione (quindi, da tutti gli esseri viventi), emissioni vulcaniche e, a partire dall’ultimo secolo, combustione a larga scala dovuta alle attività umane. L’anidride carbonica scalda l’atmosfera, l’energia in eccesso modifica la circolazione del vapore acqueo nell’atmosfera e tu puoi avere siccità dove un tempo non c’era, alluvioni perché vien giù l’acqua di una stagione intera in una sola settimana ma le alluvioni non rimpinguano le falde acquifere, poi, meno neve a rifornire le riserve d’acqua in alta quota, e così via discorrendo. In conseguenza di tutte queste “belle” cose, le sorgenti sono più povere rispetto solo a pochi decenni fa, soprattutto nelle aree Mediterranee. Da una parte, quindi, c’è meno acqua (da qui, ovviamente un contributo ai disservizi che tu citi), dall’altra, la domanda cresce in altre regioni geografiche che, storicamente povere d’acqua, attingono dall’Irpinia, come la Puglia e la Campania costiera. L’Irpinia è sì uno dei bacini imbriferi più grandi d’Europa, ma è anche la terra con la minor crescita demografica in Italia e perfino in Europa, a parità di latitudine. Meno gente vuol dire meno necessità di rifornimento a livello locale. Se la Puglia e la Campania costiera hanno più bisogno di acqua dell’Irpinia, perché hanno, a differenza di questa, una popolazione in crescita netta costante, è automatico che l’acqua venga “dirottata” lì.  In questa ottica, quindi, i disservizi agli utenti irpini sono colpa di “qualcun altro”, un poco il clima (che comunque dipende da noi) e in parte dalla crescita in senso ampio di altre regioni. Ma non tutto si risolve qui. Ci sono anche altri fattori che determinano disservizi. Ad esempio, la mia collega Emanuela Dattolo ha fatto di recente un’indagine su dati ISTAT (anno 2012, ultimi dati  pubblici disponibili sul sito) che ha evidenziato come, tra l’acqua potabile immessa in un anno negli acquedotti irpini e l’acqua erogata dai comuni agli utenti ci fosse una differenza di più del 30%, che rappresenta la quantità di acqua “perduta” a causa di perdite nelle condutture, sfiori dei serbatoi ma anche di allacciamenti abusivi e consumi non registrati da parte delle amministrazioni comunali. Facciamoci qualche domanda. Il problema è complesso e su di esso giocano molti molti fattori, attivi dalla scala globale a quella “localissima”.

Quanto ti ha arricchito questo viaggio in bicicletta dal punto di vista umano e professionale?Ci sarà un seguito? Se sì su cosa sarà improntato?

Quanto mi ha arricchito? Mi sono già dilungato tanto… Dovessi rispondere a questa domanda in maniera adeguata, dovrei fare un comizio elettorale (ahahah). Non te (ve) lo dico. OK, tu hai letto il libro. Voi lettori volete saperlo? Leggetelo e parliamone 🙂

Per quanto riguarda il seguito, “Mesothalassia” (ovvero il viaggio dal Molise a Napoli raccontato nel libro) ha avuto un seguito nel 2016, con “Terramare”, seguendo l’itinerario Mantova-Trento-Venezia. Quest’anno, stiamo preparando “Antropica”, da Napoli a Taranto, idealmente da ILVA a ILVA, un viaggio per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto che le attività umane hanno sugli ambienti naturali, ovvero su quei luoghi dove si producono le nostre risorse primarie.

 

 

Luigia Meriano

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About LUIGIA MERIANO

Laureata in Comunicazione Istituzionale e d’Impresa. Giornalista pubblicista dal 2012. Ha conseguito un Master in Web marketing e Social Media management. Si definisce riflessiva ma determinata. Ha collaborato con il Mattino di Avellino, occupandosi prevalentemente di attualità, ma ha avuto esperienze professionali anche in altri ambiti della comunicazione, quali eventi e manifestazioni culturali. La sua formazione l’ha portata ad approfondire le tematiche legate all’universo femminile, sulle quale ha svolto anche la tesi di laurea (“Il corpo della donna tra Islam e Occidente”). E' impegnata in progetti a favore dell'inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Tra i suoi hobby il cinema, la musica e il teatro. https://www.facebook.com/luigia.meriano Per contatti luigiameriano@wwwitalia.eu

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