LA CULTURA NON SI FERMA

Le proposte del Teatro d’Europa

Intervista a Luigi Frasca regista e direttore artistico della Compagnia del Teatro d’Europa sito in Cesinali (AV), con la partecipazione di  Angela Caterina, attrice.

Mentre lavorano alacremente per allestire il nuovo cartellone e approntare gli ultimi ritocchi al Teatro, Luigi Frasca e Angela Caterina accettano di rispondere ad alcune mie domande inerenti le attività proposte alle scuole per l’anno accademico 2017-2018.

D: Ho visto che tra le iniziative  presentate dal Teatro d’Europa ve ne sono alcune che riguardano i giovani. In cosa consistono?

R (L. F.): Le prime tre, che sono tra loro strettamente collegate, sono i progetti che presentiamo alle scuole che vengono realizzati grazie ai  PON, Scuola viva e Alternanza scuola – lavoro.

Una delle nostre priorità è, infatti, il rapporto con le scuole che parte dai laboratori di teatro all’interno dell’istituto, fornendo una formazione teorica, la quale viene poi messa in pratica in teatro e culmina con la realizzazione di uno spettacolo all’interno del Festival del teatro che si tiene a maggio denominato “Premio don Ferdinando Renzulli”, fondatore del Teatro d’Europa.

Il Festival vede la partecipazione di tutte le scuole irpine che hanno preso parte ai progetti e quasi ogni giorno si svolgono spettacoli teatrali tenuti dagli studenti.

D: Chi effettua la formazione?

R (L. F.): Abbiamo la collaborazione degli insegnanti ma siamo noi attori e registi che ce ne occupiamo principalmente.

Il nostro primo obiettivo è quello di creare un gruppo omogeneo.

D: Finora con che fascia di studenti avete lavorato?

R (L. F.): Di tutte le età. Quest’anno con i licei scientifici  Mancini (AV) e De Capraris (Atripalda) e i licei classici Marone e Colletta abbiamo proposto alternanza scuola – lavoro mentre con il Marone abbiamo presentato anche Scuola viva.

D: I ragazzi che fanno i vostri corsi come vengono selezionati?

R (A. Caterina): Non effettuiamo una selezione, sono loro a decidere. Noi proponiamo un’esperienza, cercare di metterli al meglio sul palco, di far vivere loro il teatro in una forma diversa che è quella, appunto, di creare gruppo, di collaborare, di stringere  tutti insieme una emozione comune. Gestire tutti insieme in quel momento la difficoltà del palcoscenico unisce e responsabilizza e, soprattutto, fa instaurare tra loro comprensione e collaborazione. Cerchiamo di lavorare sulla sfera emotiva. Vediamo i ragazzi che si uniscono, creano un nucleo e tra loro si difendono , si aiutano, hanno il timore del regista e quello di andare in scena insieme e, poi, esultano insieme. E c’è anche la condivisione perché conoscono nuovi ragazzi, nuovi amici, il teatro diventa il pretesto per incontrarsi.

R (L. F.):  Soprattutto, attraverso il teatro, i ragazzi acquisiscono molto l’autocontrollo e scoprono se stessi.

Il discorso dell’alternanza, invece, diventa più tecnico perché dato che i licei classici e scientifici non possono andare nelle aziende, con il teatro loro vedono non solo come funziona la parte artistica ma anche quella tecnica, gestionale e amministrativa.

D: Oltre la questione emotiva come avete trovato i ragazzi nei vostri  confronti? È una domanda per me ricorrente perché vedo spesso i ragazzi delle scuole partecipare con poco interesse. Così vi chiedo in che misura sono interessati a ciò che fanno?

R (A. Caterina): Per quanto mi riguarda c’è una distinzione da fare tra chi ha scelto per curiosità o per interesse e chi, invece, lo ha fatto per costrizione. Il problema è a doppio senso e coinvolge sia lo studente che il docente. Il ragazzo si chiede cosa ci faccia lì e il docente, dal canto suo, si chiede come possa impiegare quel ragazzo. Devono cadere i ruoli. Così non c’è più lo studente che deve imparare ma  qualcuno a cui il docente deve tirare fuori una parte migliore, un interesse e, in base a quell’interesse, il docente lo utilizza.

Il teatro non è solo recitazione, esistono altre figure come lo scenografo, il costumista, il tecnico delle luci e dei suoni, il direttore di sala e via dicendo per cui si cerca di impiegare i ragazzi in ciò che loro sentono più vicino.

Ma il problema dell’attenzione riguarda l’imposizione e non l’interesse. L’ideale sarebbe che loro capissero che attraverso lo studio possono aprire la loro finestrella sul mondo.

R (L. F.): Io penso che molto dipenda anche dal carisma della persona che lavora con i ragazzi. Questo vale anche per i docenti. Se i ragazzi capiscono di avere di fronte una persona che vuole dare loro qualcosa con amore e energia, lo avvertono e seguono con maggiore interesse e partecipazione.

D: Quello che voi proponete dipende dal tipo di ragazzi con cui vi relazionate?

R (L. F.): C’è un progetto di base ma in ogni scuola, a seconda sempre dell’utenza e del rapporto che si crea, esso viene adattato.

D: Voi, come Compagnia del Teatro d’Europa, proponete alle scuole anche degli spettacoli  a cui assistere inerenti le opere di Pirandello e De Filippo. Come si attira l’attenzione su opere così importanti?

R (L. F.): La scelta non è casuale perché proporre i due più grandi drammaturghi del nostro tempo ha proprio lo scopo di far vivere uno spettacolo carismatico, che si svolge in un luogo come il teatro che ha la sua sacralità.

Prima o dopo lo spettacolo c’è uno specialista che spiega e  risponde a eventuali domande.

D: C’è un abbonamento?

R (L. F.): In effetti è difficile che una scuola venga a più di uno spettacolo, noi proponiamo un pacchetto e loro scelgono. Il biglietto costa 5 €.

A proposito delle iniziative sarebbe interessante, poiché noi prepariamo anche una Compagnia di medici, realizzare con il tempo anche una Compagnia degli insegnanti grazie alla quale l’insegnante sulla propria pelle possa sperimentare cosa significhi il teatro.

Angela Caterina: Ma non solo questo. Mettersi in gioco renderebbe agli studenti una immagine diversa dell’insegnante,  qualcuno da stimare perché ha osato dando loro un esempio e trasmettendo forza.

Da quest’anno, ad esempio, nascerà la Compagnia dei bambini di cui mi occuperò personalmente. Il requisito fondamentale è che vogliano farlo e l’obiettivo è quello di mettere in scena spettacoli per gli adulti. Il mio esperimento è quello del gioco di interpretare un ruolo e, in base a esso, mutare. In tal modo per loro si apre un modo di apprendere e di formarsi nella vita completamente diverso perché saranno capaci di entrare di più nell’empatia delle cose.

Gli spettacoli a cui penso non sono necessariamente ludici ma vorranno insegnare qualcosa anche al pubblico degli adulti.

D: Oltre i giovani?

R (L. F.): Completa il tutto la Compagnia del Teatro d’Europa e il cartellone degli spettacoli che propone spettacoli di varie compagnie.

Ad Angela Caterina chiedo: “ Come si diventa attrice?”

R: A quanti  mi chiedono se sono un’attrice rispondo sempre di non esserlo  ancora perché penso che non lo si diventi mai. È molto di più. Oggi si guarda più un orizzonte che un infinito. L’artista guarda sempre verso l’infinito, l’orizzonte diventa il pretesto per vederne un altro e un altro ancora e quindi non ci si sente mai arrivati, mai.

Comunque esiste l’Accademia teatrale che si frequenta dopo le scuole superiori e si trova nelle maggiori città italiane. Vi sono varie specializzazioni anche lì.

Personalmente vivo di emotività e vedo la vita come una lacrima. In una lacrima noi possiamo vedere l’esistenza stessa di una persona, la gioia, la tristezza, le emozioni. Il problema di oggi è che non si sta più attenti alle persone, all’uomo in quanto tale e all’altro e ci si illude di vedere se stessi in uno specchio. Non è così perché io vedo me stessa attraverso gli occhi dell’altro, quello che io ho lasciato nell’altro. Bisogna a volte chiedersi ma io cosa ho lasciato in quella persona e viceversa?

D: E facendoti questa domanda ti senti più realizzata o più fallita?

R: Cerco di fare come chi mette i sassolini bianchi e i sassolini neri in un vaso ogni giorno perché quando poi si svuota si possa vedere se la tua vita è stata più nera o più bianca. Io questo lo faccio con le persone, vedendole, guardandole, ascoltandole. Oggi non si guarda più l’altro in faccia.  Le persone se lo portano scritto addosso chi sono e lo si vede da come si muovono, da come parlano; non è solo maschera. La persona che vedi camminare per strada resta in te e fa parte della tua storia. Quindi perché dimenticare gli altri se l’incontro è stato un dono?

 Infine chiedo a Luigi Frasca: “ A chi appartiene il Teatro?”

R (L. F.): Appartiene alla Curia e noi lo abbiamo avuto in gestione tramite un comodato d’uso.

 In realtà nasce grazie a Don Ferdinando Renzulli e cresce con la Compagnia grazie a aiuti di famiglie come quella dei Capaldo e una quota dei cittadini del paese di Cesinali. Gli incassi sono utilizzati per le spese e la gestione e, se c’è la possibilità, anche per qualche investimento.

D: Senza entrare nella questione biecamente politica del Teatro Gesualdo di Avellino, che non mi interessa, la domanda è come si gestisce un teatro oggi?

R (L. F.): Innanzitutto gestire un piccolo teatro è diverso da gestirne uno grande. Ma, se di errore si può parlare, io penso che lì sia stato costruito prima il palazzo e poi le fondamenta.

In questo teatro, ad esempio, c’è davvero il nostro essere, l’io transustanziale che si espande nel teatro. Tutto il percorso che ha fatto il Teatro d’Europa, cioè quello di veder crescere delle professionalità insieme al teatro, nel caso del Teatro Gesualdo non c’è stato.

Sicuramente lì c’è una guerra politica che non ha niente a che vedere con il teatro ma la situazione necessita di un momento di pausa, nella quale fermarsi, raccogliere intorno tutte le energie positive dal campo dell’imprenditoria, cultura, giornalismo, creare una fondazione, nominare un direttore artistico esperto anche in management e poi partire e fare delle scelte.

Il momento di pausa è necessario perché altrimenti si creano delle contrapposizioni che nuocerebbero alla lucidità per fare scelte giuste. Ricordiamo che Napoli ha il predominio nel campo teatrale per cui se non si ha un buon progetto culturale di base e non si ha a disposizione un gruppo di persone competenti  si perdono  tempo, energie e soldi.

Realizzare senza le giuste competenze è difficile.

D: E se la pausa dura venti anni?

R (L. F.): Credo che la cultura non si possa fermare. Una volta ho conosciuto a Roma  un direttore artistico che mi disse che il nostro sistema politico è un meccanismo che funziona da sé da centinaia di anni, la cultura è l’olio di quell’ingranaggio. Se vuoi prendere il sopravvento su di essa rischi di rompere il meccanismo. Quindi ognuno deve fare il suo ruolo, senza paura. Attualmente il teatro è in perdita e ha bisogno di finanziamenti pubblici e quindi è un fatto anche politico ma è necessario saper equilibrare le cose, se uno dei due cerca di prevaricare sull’altro si fallisce.

Grazie a Luigi Frasca e Angela Caterina e buon lavoro.

Maria Paola Battista

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About Maria Paola Battista

Amo ascoltare, leggere, scrivere e raccontare. WWWITALIA mi dà tutto questo. Iniziata come un’avventura tra le mie passioni, oggi è un mezzo per sentirmi realizzata. Conoscere e trasmettere la conoscenza di attori, artisti, scrittori e benefattori, questo è il giornalismo per me. Riguardo ai miei studi, sono sociologa e appassionata della lingua inglese, non smetto mai di studiare perché credo che la cultura sia un valore. Mi piace confrontarmi con tutto ciò che è nuovo anche se mi costa fatica in più. Attualmente mi sto dedicando alla recensione di libri e all'editing. Ho scritto, inoltre, diverse prefazioni a romanzi. Grazie ai lettori di WWWITALIA per l’attenzione che riservano ai miei scritti e mi auguro di non deluderli mai. mariapaolabattista@wwwitalia.eu

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