Anziani nuovi ibridi. Il focus di Giuseppe Rocco

Uno dei punti deboli del sistema umano sono necessariamente gli anziani, che portano addosso il peso dell’età e la fragilità senile. Una condizione comprensibile, determinata da una caduta delle difese immunitarie. Fin qui nulla di sorprendente. Il problema nasce quando l’anziano diventa vittima dell’efficientismo selvaggio, che accentua una patologia esistente e che deturpa un’età, che andrebbe valorizzata per acquisirne la miniera di saggezza.

La posizione dell’anziano subisce vari mutamenti nel corso della storia. Nell’Antica Grecia, ad Atene e a Sparta, troviamo due posizioni totalmente opposte. Ad Atene la condizione psico-fisica decadente dell’anziano era ritenuta inaccettabile e vi era la tendenza ad eliminarne la presenza. Ciò risulta chiaro se si prendono in considerazione i principi della società greca che enfatizzavano la perfezione, la bellezza, la giovinezza e la forza. A Sparta invece il vecchio occupava un posto privilegiato; era visto come un uomo saggio, sopravvissuto a tante battaglie.

Contrapposizioni evidenti si riscontrano tra due grandi filosofi, ovvero Aristotele e Platone. Per Aristotele l’anziano doveva essere escluso dal governo della città, poiché l’uomo presenta anima e corpo uniti e indivisibili, di conseguenza se il corpo decade lo fa anche la mente, e quindi l’uomo nella sua complessità. Platone, al contrario, sostiene che sono solo gli uomini anziani a poter governare. Non considera la decadenza del corpo, ma ritiene che la saggezza e le virtù siano nell’anima e che il corpo sia pura apparenza.

Cicerone vede la vecchiaia come il peggiore dei mali; egli ritiene che oltre che all’attività intellettuale, l’uomo anziano potrebbe dedicarsi ad altre attività, come la cura di un podere. Un altro personaggio illustre dell’epoca, ovvero Seneca, afferma che l’uomo, nel momento in cui ha una vita che non

è degna di essere vissuta per le difficoltà e per le sofferenze che affronta, deve porre fine ad essa, arrivando anche a suicidarsi. Nel II secolo a.C. la funzione del vecchio a Roma risulta centrale, poiché il potere è gestito dagli anziani e solo loro possono ambire alle più alte cariche della repubblica.

Nel Medioevo continua il dibattito dualistico sulla vecchiaia.  Dante Alighieri descrive le fasi della vita, sostenendo che la maturità, dai 45 ai 70 anni, sia seguita dalla decrepitezza, dai 70 anni in poi. A differenza di ciò che succede oggi, era raro che l’anziano rimanesse da solo, poiché accadeva che una figlia nubile rinunciasse alla sua indipendenza per prendersi cura del padre. Queste attenzioni non erano frutto dell’affetto, ma nascondevano un tornaconto personale legato all’eredità del genitore.

Tra il XV e il XVI secolo, con l’avvento del Rinascimento vengono enfatizzati gli antichi valori che primeggiavano in Grecia, cioè i concetti di bellezza e freschezza giovanile. Quanto detto però non combacia con il ruolo effettivo che ricopriva l’anzianonell’epoca rinascimentale, durante la quale, a livello politico, assumeva un ruolo centrale.

Nel ‘600 il potere è in mano ai giovani; alle persone anziane viene riconosciuto il rispetto nel momento in cui erano detentori di memorie ed esperienze utili ai posteri. Ai vecchi di basso ceto e inattivi viene riservato un trattamento connotato dall’abbandono e dall’emarginazione.

Finalmente in Inghilterra si ha una svolta positiva per gli anziani, in quanto favoriscono la nascita degli ospizi, spinta sostenuta caldamente dalla Chiesa. Con l’espandersi delle idee illuministe si acquisisce una visione migliore della senilità, valutata come una condizione attiva e positiva. Il ‘700 è un secolo segnato dalla nascita delle industrie, che comporta un miglioramento generale delle condizioni sanitarie e alimentari.

A cavallo tra il ‘700 e l’800 si verifica un altro passo in avanti: dopo la costituzione degli ospizi in Francia, viene stabilita la prima forma pensionistica per coloro i quali avevano lavorato per almeno 30 anni al servizio dello Stato. Nello stesso periodo si sviluppa la prima forma di geriatria, il ramo della medicina specializzato nella cura dell’anziano.

Intorno al 1925 l’anziano viene di nuovo accantonato e ritenuto un problema sociale. Bisogna attendere la conclusione della seconda guerra mondiale per avere una stabilità sociale. Si allarga il benessere a tutta la popolazione e grazie ai progressi della scienza e della medicina si produce un allungamento della vita.

Alla fine del ‘900 però, si ritorna al concetto utilitaristico dell’uomo, che vale a seconda della sua produttività e utilità per la famiglia e per la società. Proprio a causa di questo atteggiamento la vecchiaia assume il connotato di pura sopravvivenza, senza avere più scopi, essendo una pura attesa della morte.

Nei secoli la figura dell’anziano è stata sacralizzata con l’avvento della famiglia patriarcale, in cui il capostipite era destinatario di molto rispetto ed ubbidienza. In una famiglia contadina, la gestione si svolgeva alla stregua di una società di fatto e l’impegno di tutti i familiari diventava perentoria; ovviamente nell’organizzazione occorreva una guida riconosciuta: secondo la lunga tradizione la guida era il padre.

Nell’alto medioevo, il rafforzamento del patriarcato arriva in seguito al regno di Giustiniano e dall’avvento del diritto bizantino che cambia progressivamente le basi dell’unità familiare e le sue funzioni all’interno della società. Col patriarcato si consolida anche la patrimonializzazione, con la trasmissione per linea fissa e maschile dei beni, segnando la fine della linea di discendenza femminile. Questa impostazione oggi non si può che leggere in modo antidignitoso per la donna moglie, ridotta a pura ancella, e alle figlie femmine incapaci di ricevere l’eredità.

Il sistema del patriarcato dai possedimenti romano-bizantini arriva successivamente nella società germanica che non conosceva l’istituto della proprietà privata, ma nemmeno alcun istituto familiare e la schiavitù. Con la sedentarizzazione nasce l’esigenza di una famiglia come struttura autonoma, e successivamente la comune rurale. Tra le strutture giuridiche di base che reggono questi istituti, vi sono la vendetta, l’affratellamento, il prezzo della sposa, l’assenza di testamento ed infine il patriarcato come base dell’autorità.

Nel mondo occidentale la famiglia è divenuta un elemento di fondamentale importanza nell’ambito della società nonostante le trasformazioni che ha conosciuto e ciò per tre motivi principali:
– la famiglia è l’area all’interno della quale vengono soddisfatti i bisogni primari;
– la famiglia è il nucleo in cui si riproduce il sistema sociale;
– la famiglia è il luogo dove vengono trasmessi i valori di base della convivenza civile.

Nel corso del novecento, l’occidente ha potuto conoscere tre forme di organizzazione familiare:

– la famiglia estesa o patriarcale;

– la famiglia nucleare;

– le nuove famiglie.

 La famiglia estesa è composta da diversi parenti o da più nuclei coniugali. All’interno di questa famiglia si svolgono attività produttive legate essenzialmente all’agricoltura e all’artigianato.

Infatti la storia ci ha donato la società industriale, che nel presentare tanti vantaggi relativi alla prosperità e all’agiatezza, ha comportato un cambio di organizzazione, basata sulla famiglia nucleare. In questa nuova visione si assiste al lavoro della donna e alla divisione dei compiti. Le cosiddette nuove famiglie si sono avvertite dagli anni settanta. L’aggettivo nuove indica proprio la novità legata all’utilizzo del sostantivo famiglia; infatti, oggi la famiglia assume molteplici configurazioni: famiglie con un solo genitore, famiglie ricostruite, famiglie unipersonali e famiglie di fatto.

L’anziano non trova più un posto dignitoso. Spesso viene relegato in casa di riposo, poiché nessuno può accudirlo, in preda all’egoismo e alla ricerca di falsa felicità. Con la nuova gestione l’anziano perde il carisma e cade nell’opacità, senza poteri e senza l’espressione della sua saggezza, una pedina noiosa. La cosa biasimevole purtroppo è la carenza di affetto, in quanto riceve poche visite e solidarietà da parte dei figli, i quali molto spesso si sacrificano per il mantenimento del cane, dimenticando il genitore che li ha cresciuti.

Quando si avvia un meccanismo perverso come quello in narrativa, l’andazzo non può che peggiorare. Nella carriera politica, arrivano i cosiddetti rottamatori, i quali vogliono gestire le istituzioni da giovani senza attendere il loro turno e cercano di detronizzare gi esperti, additandoli come vecchi. In Italia l’operazione blasfema è riuscita e così abbiamo potuto intravvedere governi di giovani, purtroppo inesperti e incapaci di gestire una nazione del calibro dell’Italia.

Quando si instillano scintille di odio vi sono alcuni deboli di spirito che raccolgono a loro modo i messaggi. Interi movimenti politici, esempio Cinque stelle, ha improntato le richieste contro le pensioni. Partendo dalle pensioni d’oro, che voleva dire 2.500 euro, l’andazzo ha creato un’atmosfera di caccia alle streghe con dei sottintesi rivolti a chi, agli anziani, ossia agli artefici della vitalità della nazione e ai costruttori della struttura italica ed economica, su cui si fonda il nostro benessere. Un’idea fuorviante del genere finisce con porre un diaframma fra giovani e anziani, alterando un consesso che richiederebbe solidarietà per giocare una partita per il risanamento dell’Italia.

La scellerata tendenza ha avuto conferma in occasione della pandemia del coronavirus, durante la quale non tutti ma buona parte hanno rassicurato il popolo sentenziando che tanto i morti appartenevano alla sfera degli anziani. Un fenomeno vero che ha richiamato la sensibilità del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad evidenziare una grave perdita nel paese, con palesi riferimenti al talento di uomini e donne dai capelli canuti.

Qualche modesto apporto nel “Welfare state” si riscontra: quasi tutti i comuni organizzano circoli (Cral o altro) per ospitare gli anziani e intrattenerli nel gioco di carte, di biliardo, di bocce, corsi di ginnastica e via discorrendo. Questi impulsi fecondi vanno incentivati e sperimentati in tutti i comuni d’Italia per riconoscere nelle persone in quiescenza quella utilità nascosta e consentire proprio ai pensionati di ritrovare opportunità e riscoperta di una vita comune e ricca di iniziative.

Credo che l’aspetto saliente del problema sia l’impostazione del modello di vita, certamente valido ma incompleto quello latino-italiano. Assolutamente inefficiente e disumano il modello americano, basato sulla privatizzazione dell’assistenza medico-ospedaliera. La filiera americana, per sopperire alla mancanza dell’intervento pubblico, deve ricorrere all’ideologia privatistica, che fa riferimento alle assicurazioni in grado di intervenire per il rimborso delle spese sanitarie. Questo tipo di scelta, accettabile nel corso della vita, diventa una sciagura nell’età senile, in cui le assicurazioni non hanno convenienza a sostenere spese eccessive. L’anziano è ricettivo di malattie croniche che porterebbero le assicurazioni al fallimento. Queste perseguono il profitto e a settant’anni interrompono l’assistenza: tutto regolare e comprensibile per un’azienda, meno comprensibile per uno Stato, che abbandona i deboli e gli anziani. Il sistema italiano svolge funzioni prevalentemente pubbliche e si presta all’erogazione di spese per tutti i cittadini. In via di massima il sistema funziona, ma negli ultimi anni comincia a scricchiolare per la volontà erronea dei governi che hanno ridotto le risorse in questo basilare settore. Negli ultimi dieci anni hanno tagliato settantamila posti letto con riduzione del personale sanitario, inducendo i pazienti ad avvalersi di enti privati, con imputazioni di costi immaginabili. Non solo ma in momenti di urgenza il cittadino si rivolge al sistema sanitario pubblico, trovandolo in stato di carenza di personale e di mezzi. Al pronto soccorso si aspetta tanto tempo in modo indecoroso. L’arrivo spietato del coronavirus trova il sistema spiazzato. Il cittadino paga gli errori di tanti governi. Il messaggio appare chiaro, nel senso di indicare la rivalutazione e il rafforzamento del sistema sanitario pubblico, come richiedono le nostre tradizioni e il buon senso. Il mutuare in parte il modello americano costituisce un errore imperdonabile: l’uomo merita rispetto per difendere la propria dignità in una società che accoglie tutte le categorie e le varie generazioni.

L’avvento delle regioni avrebbero dovuto cogliere l’obiettivo del decentramento e del trattamento del territorio, ma la gestione di questi enti è divenuta traumatica per la finanza pubblica, con eccessive commissioni pletoriche, consulenze inutili, ricerche inspiegabili, dirigenze super pagate. In altre parole una finanza allegra senza controllo in autogestione e in idillio con lo sperpero gaudente. Mancando le risorse, le amministrazioni e soprattutto lo Stato ha spolpato il settore più importante, quello sanitario e in particolare il trattamento alle persone anziane, tra la sonnolenza della gente. Ora i nodi tornano al pettine. La sanità va rigenerata e vanno rivalutati gli anziani. E’ vero ne abbiamo tanti, siamo il popolo più longevo d’Europa; questo deve essere un vanto e non motivo per sperperare talenti a beneficio dei cimiteri.

Il popolo che non ha rispetto per i vecchi, ossia per quelli che sono portatori di saggezza, di tradizioni e di storia, trova ostacolo a scrivere pagine di giustizia e ripercorrere sentieri di gloria. L’umanità, la riconoscenza, il buon senso, la civiltà, l’etica, sono tutti fattori che postulano in modo impetuoso il rispetto del padre e del nonno e di chiunque abbia cavalcato le strade del passato. Si conta sui nostri connazionali per difendere una presenza dei nostri simili più anziani, soprattutto in Italia che vanta una maggiore componente di over settantacinquenni. Se rispetti oggi il tuo simile anziano, domani potrai sperare ed esigere rispetto dai futuri giovani.

Print Friendly, PDF & Email

About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.