Espressioni del linguaggio. Il focus di Giuseppe Rocco

L’uso corrente della parola risulta dalla composizione di due fondamentali elementi: un fattore costituzionale legato ad un’eredità genetica e un fattore acquisito in seno all’ambiente che ci circonda.

La componente costituzionale, ossia quella derivante dai geni che formano l’individuo, non può essere trasformata radicalmente. Si può cercare di smussare alcune angolature particolarmente spiccate, ma le qualità espressive e di fondo restano inalterate. La componente acquisita, di gran lunga più preponderante della prima, diviene la somma delle gocce ambientali instillate nel nostro carattere. Il linguaggio perciò risente di una trasformazione lenta e inesorabile.

Le azioni così sono adornate da espressioni atte a giustificare il comportamento umano. Espressioni verbali e comportamento rappresentano la forma esteriore dell’idea, forgiata sul modello che lentamente la nostra personalità ha cercato di scolpire.

Il linguaggio è una proprietà primaria, che caratterizza l’uomo nei confronti degli altri esseri viventi. L’uomo adopera il linguaggio per scopi e modi diversi: come strumento di espressione di se stesso, dei propri sentimenti, desideri, idee, per comunicare con gli altri, per descrivere le cose, per domandare, per educare, per pregare, per cantare, come strumento di lotta, di propaganda, di divertimento.

Il linguaggio accende i riflettori per i cultori di diverse discipline: per lo storico che cerca di conoscerne l’origine e lo sviluppo; per il fisiologo che studia gli organismi interessati alla emissione dei suoni; per lo psicologo che esamina l’incidenza del linguaggio sulla sfera del conscio e dell’inconscio; per la logica che studia il fenomeno in vista di rimuovere da esso oscurità ed ambiguità; per il critico letterario che esamina lo stile che gli scrittori imprimono al linguaggio; per il sociologo che si interessa all’influsso del linguaggio sui movimenti sociali, sulle dottrine, sugli ideali, sugli usi, sui costumi di una società. In altre parole, per il linguaggio si intende ogni sistema di segni che può servire come mezzo di comunicazione.

Il linguaggio come espressione non è soltanto un emblema storico-ambientale che riflette una situazione diacronica dall’essere individuale nell’ambito della stessa comunità. Da una lingua primitiva (anche se poi si può considerare modello) e cioè esprimente la fase iniziale si passa ad uno stadio molto perfezionato di un “voler esprimere con segni convenzionali riconosciuti validi” ad una frase quasi evoluta. Non si parla più per dirsi a vicenda: “questo è il fuoco, questa è l’acqua”, ma si trasmette un messaggio con frasi complesse, un “pensiero”, rivestito dalla creatività dell’arte e della raffinatezza dell’espressione.

Per passare all’intimo, ogni persona pur conoscendo il comune linguaggio mischia in un cocktail le stesse parole a seconda della posizione del discorso, del diverso significato, del patrimonio culturale e soprattutto della propria caratteristica specifica.

La rivoluzione digitale ha contribuito a mutare profondamente il concetto di comunicazione, utilizzando il linguaggio banale comune a tutti i servizi e utilizzato per far esplodere i mezzi di comunicazione. In effetti con i devices interattivi, quali il Word Wide Web, digitale terrestre, smartphone, si assiste alla proliferazione e alla moltiplicazione di canali di accesso, che hanno cambiato le modalità in cui avviene l’atto comunicativo. Il digitale cambia il rapporto fra le persone, modifica la comunicazione tra Stato e i cittadini e introduce grandi trasformazioni al mondo del lavoro.

L’aumento di informazioni sul WEB implica pure l’avvertenza che la capacità degli Stati cala nel mantenere un minimo di sovranità tecnologica. La verifica può sconcertare se si pensa alla irresponsabilità dei custodi dell’informazione, con il simulato autismo sociale delle multinazionali e la loro insopportabile arroganza unita a politiche libertarie prive di lungimiranza. Per ora le immense liquidità delle multinazionali vengono parcheggiate in paesi dove non pagano il fisco o lo paghino in dose irrilevante. Nel tempo il capitalismo digitale si può evolvere, passando da semplici aziende intermediarie in fornitrici di servizi.

Può ritenersi altresì rientrante nel linguaggio la scrittura, considerata come proiezione e un gesto grafico nel quale si riflette il dinamismo psichico dell’individuo. Essa rientra in ogni modo nella vasta gamma dei segnali, poiché infatti scrivendo si compie un vero e proprio ritratto di se stesso. Infatti nel tempo la scrittura si modifica, proprio come esternazione e come espressione esteriore di una evoluzione del carattere e del comportamento. Con la scrittura l’uomo rivela il proprio essere, ciò che la parola non può dire per educazione o buone maniere. In altri termini evidenzia i segni secondo la semeiotica grafologica e quindi la scrittura è un evento protettivo. La proiezione è un espediente di tipo osmotico tra psiche e mondo esterno.

Esiste un linguaggio animale, molto ben ritmato: dal canto degli uccelli al gracidio di rane e rospi, dai vocalizzi delle scimmie ai clic delle balene. Il linguaggio degli animali è strepitoso in termini di correttezza e di armonia.  Gli storni sono esperti della nobile arte del conversare: se un individuo interrompe l’altro vola via. La natura misteriosa emana pure regole di galateo specifico e comportamenti rituali. Fra rane, rospi e insetti, inizia la conversazione il maschio; tra gli elefanti parlano per prime le femmine. Nel complesso rispettano il loro turno senza interrompere, in un complesso cognitivo davvero esaltante. L’elemento virtuoso appare la cooperazione nella comunicazione, ormai la più antica fra le infrastrutture del linguaggio, come nel caso ricorrente del coro in cui lo stesso suono viene emesso da più animali. Questi richiami accrescono il ruolo pregiato del linguaggio, che ovviamente trova nell’uomo l’esaltazione più feconda e colorita.

Lo stile linguistico della comunicazione menzognera può essere definito come dire per non dire, un modo per diluire le informazioni false e di renderle meno identificabili attraverso l’effetto seppia ossia facendo ricorso a frasi lunghe e complessi, spesso ridondanti ma povere sul piano dei contenuti concreti. Il politico cerca di neutralizzare e di narcotizzare la menzogna, disorientando i cittadini. Oppure si può ricorrere ad una sorta di effetto tartaruga dal guscio impenetrabile, che impone l’omissione di informazioni essenziali per il destinatario, tipica modalità ricorrente nel mercato finanziario per non far conoscere i danni incontrollati del gioco di Borsa.

Secondo la psicologa Nalini Ambady della Tufts University di Medford Massachusetts, una nostra regione del cervello, denominata amigdala, ci consente in tre secondi ci ottenere sensazioni sulla base di una percezione olistica, cioè di un’impressione globale. A parte lo sguardo di assieme, gli studi confermano che balbettii, esitazioni, ripetizioni, battiti scomposti di ciglia, chiusura degli occhi in modo prolungato, fissazione dello sguardo nel vuoto sono segnali che denotano momenti di disagio, di imbarazzo e di confusione. Invece passarsi lingua sulle labbra, infilare una mano fra i capelli riavviandoli, portare il busto in avanti sono ritenuti atti di piacere, cioè comportamenti che evidenziano l’interesse per ciò che stiamo compiendo in quel momento.

L’esibizione dei simboli fallici nel linguaggio non verbale viene riconosciuto come segno di dominanza o di sfida. Chi detiene il potere ha tradizionalmente come corredo un oggetto oblungo, sia lo scettro, il bastone del comando, la bacchetta magica, la tiara. L’unico rischio del linguaggio del corpo sta nei condizionamenti dei pregiudizi.

Tenere i talloni sollevati da seduti, con il corpo protesi in avanti, denota disagio e voglia di essere altrove; portare i piedi sotto la sedia e tenerli lì indica un impulso a nascondersi; stringere la mano in modo molle evidenzia persone timide e diffidenti; portare una gamba accavallata nella nostra direzione costituisce disponibilità; sfogliare un giornale ignorando i presenti, accavallare la gamba in senso opposto, rilassare il busto sullo schienale mentre prima era inclinato in avanti sono altri segnali di indifferenza o rifiuto.

Fra i segnali di ansia e impazienza vengono annoverati alcuni comportamenti, quali raschiarsi la gola, avvertire un colpo di tosse, deglutire, sbadigliare, infilare un dito nel colletto della camicia scostandola, tirare la cravatta, scostare dal collo una collana o una catenina, emettere voce stridula, tirarsi un labbro, sfregarsi il naso, pizzicarsi la pelle, tirare il lobo dell’orecchio, comprimere le labbra, grattarsi la nuca, evitare lo sguardo dell’interlocutore volgendolo lateralmente.

Nel significato sociologico sminuzzare il pane o schiacciare una lattina o fare a pezzi l’involucro dei grissini sottende una rabbia che rientra nelle “azioni deviate”, cioè una serie di atti in cui un dato tipo di impulso viene dirottato o mascherato verso degli oggetti invece che verso una persona di cui si parla o addirittura il proprio interlocutore.

Nella generalità dei casi il linguaggio e le relative azioni sono sintomatici di una personalità. La simulazione gioca a volte un ruolo determinante nell’arco della vita, ma a lungo andare la verità non sfugge. Ognuno di noi si manifesta per quello che in realtà rappresenta, nonostante gli sforzi per apparire diverso.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.