PRISCO DE VIVO, L’ARTE, LA FEDE E…
IL POLIEDRICO ARTISTA CAMPANO SI RACCONTA A WWWITALIA
Oggi abbiamo visitato l’atelier Lucis che De Vivo ha aperto in provincia di Avellino, a Quadrelle, dove l’artista ci ha guidato tra le sue opere, descrivendoci quelle su cui ricadeva il nostro sguardo. C’erano quadri di tutte le dimensioni in ogni angolo dello studio, dove erano provvisoriamente appoggiare dopo lo smantellamento di una mostra e dove altre si stavano preparando ad un nuovo viaggio; c’erano statue tra cui uno splendido nudo di donna, commissionato da un cliente, in attesa di essere completato; c’erano tazzine, piattini e piatti, riccamente e semplicemente decorati; c’erano depliant, locandine, manifesti, cataloghi, lettere, appunti, schizzi. Poi gli oggetti d’arredo, realizzati o sotto richiesta o in autonomia disposti in una apposita sezione, particolari, originali, funzionali e i piatti decorativi, belli, fiorati o dal bianco vergato di vividi colori. Un mondo di oggetti che, come pagine di un trattato di composizione artistica, erano sparpagliate sotto i nostri occhi incuriositi da inchiostri e vernice. Lui, serio ma gentile, preso dalla sua ultima creazione, sfumava un azzurro capriccioso su un fondo cenere, mentre rispondeva alle mie domande.
Come vive la sua funzione di artista in questa società che spesso sembra affrontare l’arte con superficialità?
Vede, credo che la figura dell’artista che vive d’arte oggi appaia obsoleta, la gente pensa che questo non sia un lavoro ed è pronta a pagare un piastrellista senza battere ciglio, meravigliandosi che ci sia del lavoro dietro un quadro o una scultura, come se dovesse essere nata dal nulla. Quanto sono disposte le persone a valutare questo lavoro? Quanto sono disposte a conoscere cosa c’è dietro un’opera?
La diffusa ignoranza purtroppo genera la mancanza di curiosità. Provi a spiegarcelo lei. E’ possibile vivere d’arte?
Sì e avrei potuto anche vivere meglio se avessi continuato a dedicarmi esclusivamente alla ritrattistica. Anche oggi faccio ritratti per chi me lo chiede, ma ho fatto un’altra scelta seguendo la spinta interiore a continuare a ricercare nuove vie espressive. Sono anche autore di poesie per le quali ho avuto riconoscimenti e ottime critiche e amo la filosofia, ma non si può trattare tutto con la stessa concentrazione. Pur avendo percorso diverse strade, alla fine la tecnica composita che utilizzo per le mie raffigurazioni sia pittoriche che scultoree definisce il mio stile. Dietro a ogni opera ci sono giorni e mesi di lavoro e anche la luce, naturale, che questo studio mi regala da quasi ogni parte, fa il suo gioco. E’ strano per molti indicare questo come un lavoro, ma lo è!
Ci parli dello sviluppo del suo percorso artistico. Ha iniziato da ragazzo a disegnare, vero?
Si ho iniziato quando ero bambino e quasi contemporaneamente componevo dei versi, poi ho sviluppato le tecniche che mi hanno permesso di tracciare la mia strada e ho frequentato per due anni l’accademia d’arte. I miei lavori degli esordi erano dominati dai toni scuri, dove la cenere aveva il sopravvento sui colori, poi crescendo questi sono esplosi nei miei quadri e oggi la luce invade il mio studio, qui a Quadrelle, e anche le mie opere. Da giovane mi preoccupavano le questioni universali, il dolore del mondo che mi ispirò quadri terribili, molto discussi. Da un po’ di tempo a questa parte sto guardando dentro di me e sto scoprendo cose nuove che voglio comunicare. La ricerca non si ferma e, come recita una frase che amo: «Chi cerca la verità, cerca Dio, che lo sappia o no» (Edith Stain/ Santa Teresa Benedetta della Croce).
I suoi lavori godono di una buona quotazione e hanno successo, hanno avuto il plauso di critici di rilievo, lei ha partecipato e continua a partecipare a mostre prestigiose sia collettive che personali. Oltre alla vendita delle sue opere cosa le interessa oggi?
Oggi sono giunto a un punto in cui sento di poter trasmettere anche un messaggio a chi osserva i miei quadri, le mie sculture e anche i lavori di design cui mi dedico da un po’ di tempo. Sono un credente e ciò che non riesco ad esprimere a parole riguardo al mio sentimento religioso spesso viene fuori nelle mie opere, in modo travolgente, attraverso il linguaggio dell’arte. Così come accade per quello che apparentemente sembra un crocifisso dipinto su ceramica e fisso su una tavola di legno, esposto recentemente alla mostra Affondo Celeste presso la Pagea Arte Contemporanea di Angri. La nudità della semplice tavola di legno, non dipinta né decorata, racconta dell’annichilimento di ogni colore di fronte alla gloria di Dio, mentre la sovrapposizione di più piani della struttura artistica parla dell’affondo di una fede che nasce in quella semplicità per poi espandersi.
Il suo prossimo impegno?
Una mostra a Milano nella casa di Alda Merini, alla quale mi sono ispirato in alcuni lavori. Era una donna davvero sorprendente, capace di comunicare la propria fede in modo assolutamente personale, non dogmatico, ma vero. Una donna che aveva sofferto molto e che aveva tradotto questa sofferenza in una particolare forma di spiritualità.
Il suo artista preferito?
Senza dubbio Edvard Munch. Tra i miei primi lavori, alcuni urli a lui ispirati furono definiti dalla critica specializzata, facciamo nomi come quello di Eraldo Di Vita o Mario De Micheli, anche più drammatici degli originali, se possibile. Adesso, però, faccio io una domanda a lei? Userebbe quella teiera che le ho mostrato per servire il tè?
Ma certo che lo farei. Un oggetto ha la sua funzione, se la perde a che serve? Anche se è un’opera d’arte, e di questo sono consapevole, la userei e mi godrei il mio tè. Grazie per l’intervista.
Potete trovare tutte le informazioni su Prisco De Vivo sul suo sito
http://www.priscodevivo.it/artista/lartista
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