Uso consapevole dei social network per contrastare il dilagante ‘hate speech’
Il nostro tempo, ci piaccia o meno, è completamente pervaso da una realtà virtuale dettata dai social network. Una realtà, nella migliore delle ipotesi, parallela o sovrapposta, addirittura percepita come più reale del reale. Molti sono gli studi affiorati negli ultimi anni in commissioni europee o studi nazionali che cercano di osservare il fenomeno per incentivare un uso consapevole dello stesso. Una deriva dell’uso trasversale dei network è il dilagarsi della cultura dell’odio: gli “hate speech”. Il Manifesto delle parole gentili propone in 10 punti come contrapporre all’odio parole gentili. Ci sono pubblicazioni che monitorano i flussi di odio in crescita. Non bisogna subire, ma è necessario essere consapevoli che, nel momento in cui postiamo qualcosa, si potrebbe generare e fomentare una catena di odio. Per contrastare l’odio non è adeguato porvi il silenzio, al contrario si dovrebbe dialogare, confrontarsi con chi ha pregiudizi, con chi categorizza e chi esprime parole d’odio verso gruppi, razze, generi, disabilità. Il problema sta proprio nella mancanza di confronto. Tutti noi, nei maggiori social network, siamo profilati a seconda dei nostri gusti, inclinazioni, cultura e l’algoritmo ci propone coloro che la pensano allo stesso modo, con profili comuni, per cui ci soffermeremo in modo stagnante sul nostro punto di vista sulla nostra verità senza possibilità di confronto. La conseguenza è la disinformazione, l’accontentarci della post-verità, una verità in linea con ciò che pensiamo, per cui chi fomenta odio sarà avvalorato dai post a lui proposti dall’algoritmo, basato appunto sui profili degli utenti. Non a caso i social network sono gratuiti, apparentemente, perché li paghiamo attraverso le nostre informazioni private che forniamo noi stessi. Questi profili possono essere rivenduti a chi ha interesse a manipolare e condizionare in maniera subdola e non ce ne accorgeremo. Il rischio, come ci dice il prof. Antonio Nicita, autore del saggio Il mercato delle verità, è di precipitare in un paradossale ‘Mercato delle Verità’ dove compriamo e vendiamo fatti verosimili spinti da una manipolazione fondata sulle nostre esperienze.
Porre rimedio ad un fenomeno così radicato non è semplice bisogna sicuramente partire dalla scuola con un’alfabetizzazione digitale e un uso corretto dei media. L’educazione civica come disciplina trasversale, ma anche educare le famiglie a un utilizzo controllato, limitato da parte dei bambini che invece già in tenerissima età sono forniti di device di ultima generazione con utilizzo autonomo e senza limiti. La scuola ha un ruolo fondamentale e, se tornasse a incentrare l’insegnamento sull’autonomia di giudizio e sulla capacità critica, formerebbe adulti consapevoli, capaci di sfuggire al groviglio di una rete che ti risucchia mostrando verità precostituite, uomini liberi e consapevoli.
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