Come superare il feticismo del mercato finanziario. Il focus di Giuseppe Rocco

Per acquisire una limpida architettura concettuale sul piano economico internazionale, occorre prendere coscienza del feticismo del mercato finanziario, un fenomeno la cui mistica si fonda sulla Borsa valori e sulla globalizzazione incontrollata.

Va precisato che la Borsa valori, tempio sublime e immateriale della finanza, è una saggia e indispensabile istituzione in quanto adempie a una funzione importante, ossia costituisce il mezzo attraverso cui si mobilita il risparmio onde farlo affluire verso quei settori produttivi di più alto rendimento. Da un punto di vista sociale, quando il commercio borsistico non trascende i limiti della sana e lecita speculazione, assolve alla funzione di stimolare l’attività produttiva delle imprese, di garantire il normale svolgimento dei profitti e di assicurare l’equilibrio economico di una Nazione.

La globalizzazione, quale movimento evolutivo del sistema delle informazioni rapide, ha rappresentato un toccasana nelle attività economiche e sociali. L’avvento delle manipolazioni, con la sciagurata invenzione dei derivati e delle vendite allo scoperto, ha innescato una serie di patologie nel mercato finanziario. Inoltre l’attrazione dei facili guadagni ha moltiplicato le operazioni sino al punto che il complesso delle attività finanziarie costituisce un volume di affari sette volte maggiore dell’economia reale. La Borsa valori pertanto da strumento fantastico è divenuto il mezzo per effettuare giochi perversi e rischiosi per le economie dei vari paesi.

Intanto chiariamo che l’economia reale si basa su beni tangibili e produttivi che offrono ricchezza alle nazioni, invece la finanza – che è rappresentata da carte – costituisce la componente ancillare e complementare, che serve per aiutare il processo economico. Quando la parte complementare (finanza) supera la sfera essenziale (economia reale), si crea una perturbazione che alimenta malesseri nel settore (economia). Si può spiegare con un esempio molto semplice. Prendiamo un bicchiere: se vuotiamo in esso una bottiglietta di birra e verifichiamo che il contenuto è sette centimetri di birra e un centimetro di schiuma, il prodotto va bene; se invece troviamo un centimetro di birra e sette centimetri di schiuma il prodotto presenta un’anomalia. Per analogia si spiega l’attuale fenomeno di perturbazione economica nel rapporto economia e finanza.

Gli effetti di queste anomalie sono tante. Possiamo enumerare le quattro più importanti e disfunzionali. La prima è quella che offre ai cittadini una crisi generalizzata delle strutture economiche, con gravi conseguenze sull’occupazione. Parliamo di una crisi ripetitiva finché non vengano apposte correzioni allo strapotere degli speculatori e delle Holding.

Il secondo effetto riguarda gli Stati, che perdono il loro potere, proprio perché sono alla mercé delle Holding; queste possono far fallire in qualsiasi momento aziende importanti sul territorio nazionale, con il gioco delle vendite delle azioni, facendo calare il capitale sociale e mettendo sul lastrico l’azienda. L’unica possibilità dello Stato è nazionalizzare l’impresa, cosa fattibile al massimo per un’impresa rappresentativa del paese. Inoltre possono trasferire la propria sede legale e fiscale in altro Stato e pagare in quel paese le imposte.

Il terzo effetto negativo riguarda l’impresa, come conseguenza del secondo punto: un’impresa è in balia del mercato finanziario, ove operano speculatori senza scrupoli i quali sono in grado di intervenire nel bene e nel male.

Il quarto effetto negativo è l’efficientismo selvaggio. Secondo George Ritzer – con la diffusione delle aziende americane, del tipo McDonald’s – scattano livelli di efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo. Sono le quattro caratteristiche individuate da Max Weber, quale paradigma della razionalizzazione. Mc Donald’s non si limita a incarnare un mito americano, bensì subentra alla struttura burocratica quale modello di processo di razionalizzazione. Efficienza sino al punto da fargli fare una parte del lavoro che spetterebbe ai camerieri; calcolabilità in quanto la quantità trionfa sulla qualità, facendoci risparmiare tempo e denaro; prevedibilità è una caratteristica che rende possibile il servizio identico dovunque e in qualsiasi istante; controllo in quanto rende possibile la sostituzione di esseri umani con l’automazione. Questa eccessiva razionalità diventa irrazionale dal punto di vista sociale. Secondo Weber: scatta la nocività per la salute dei clienti, in quanto si utilizza carne di maiale, rifiuti non biodegradabili, annullamento personalità dei lavoratori che devono recitare ruoli ripetitivi. Questa ragione ha determinato pure il processo di delocalizzazione. Grandi aziende italiane che hanno preso la via dell’estero lo hanno fatto per lo più (82,2%) nel periodo 2015-2016 per accedere a nuovi mercati. Ma altri due fattori sono determinanti per varcare le Alpi, l’aumento della qualità/sviluppo di nuovi prodotti, così come l’accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate.

La storia dei derivati è lunga. Ne abbiamo sentito parlare per lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena con tutte le conseguenze. L’azzeramento delle speculazioni, un sogno socio-economico, non esime completamente dalle crisi internazionali. Restano altre cause che possono produrre alterazioni nel sistema finanziario, come la caduta del prezzo del petrolio. Gestire la Borsa valori e liberare le operazioni finanziarie da falsi miti e giochi di potere sono gli unici strumenti che possono prevenire sconcerti nella finanza internazionale.

Sul piano allegorico e concettuale, l’allusione al feticismo richiama un oggetto adorato come divinità oppure come attrazione fanatica (feticcio) in uso rituale presso i popoli primitivi. Il feticismo si esprime come forma di adorazione di feticci, ovvero di oggetti o istituti ritenuti ricchi di poteri magici. Nel tempo l’adorazione per gli oggetti è stata superata, grazie alla civiltà che ha utilizzato le leve del progresso, ma sono rimaste le mode sociali non certamente naturali, ma sospinte in modo speculativo. Per vendere un prodotto diventa utile rappresentarlo in modo eccezionale e dotato di elementi di gaudio o serenità. Siamo nel campo della pubblicità commerciale, accettata da tutti i cittadini, anche nell’intento di conoscere le peculiarità del prodotto propagandato.

Siamo destinati a subire questa situazione senza speranze? In verità esiste una possibilità di salvezza. Una situazione frastagliata e scellerata del genere costituirà sempre una matrice di disordine nei rapporti finanziari. L’unica soluzione che si intravvede sta nel cercare un accordo internazionale per apportare limiti alle speculazioni, es. evitare vendite al buio e sospendere l’uso dei derivati, che sono una vera e propria scommessa in un campo delicato. Il luogo ideale per concepire un accordo internazionale di grosso spessore resta la Banca mondiale, contando nell’adesione di tutti i popoli e soprattutto quelli industrializzati. Di questa strategia nessuno ne parla ed è comprensibile, poiché la finanza selvaggia nasce nel laboratorio Usa, che risponde alle esigenze del popolo americano. Una proposta del genere probabilmente incontrerà l’opposizione degli Stati uniti, tuttavia non bisogna fermarsi ed agire come Unione europea per iniziare un processo di sensibilizzazione e se occorre anche di realizzazione parziale. Ciò implica un rafforzamento dell’Unione nella dimensione della consapevolezza che questa entità, troppo vilipesa, va accreditata con vero impegno e ferma determinazione.  

Il feticismo del mercato finanziario è il frutto sofisticato di un progresso senza controllo, di una spinta verso il rapido profitto, di una concezione edonistica del massimo guadagno col minimo sforzo. Questa evenienza nasconde il rischio individuale di perdere tutto il capitale e del rischio sociale di avviare crisi intrecciate. Tante aziende, come la nostra Parmalat, hanno ridotto o smesso di continuare a produrre il proprio bene (nel caso specifico il latte) ed hanno intrapreso la strada della finanza: hanno giocate con le carte, che forse agli approcci hanno giovato al bilancio aziendale, ma nel tempo hanno mostrato i limiti sostanziali e insidiosi, sino al fallimento. Certo che impegnarsi nella produzione di un bene comporta una razionale organizzazione aziendale e una serie di vincoli legislativi, con una strategia e con l’obiettivo del giusto profitto, da impostare in tempi medio-lunghi; invece volersi arricchire con i giochi di Borsa può essere possibile nel giro di una notte. Un imprenditore deve avere le idee chiare e attrezzarsi a produrre beni, scegliere la strada legale, impostata sui benefici sociali e occupazionali e sulla garanzia di profitto nel lungo periodo.

Per il nostro Paese il rischio è abissale, in quanto il bilancio nazionale si presenta con enorme deficit. Una carenza che sembra non preoccupare i nostri politici, i quali sono di passaggio e cercano di sfruttare al massimo le occasioni per arricchirsi, lasciando il fardello di debiti ai posteri. La Governance politica lascia la bocca amara, poiché dimostra doti scadenti, frutto dei meccanismi di scalata nella carriera dei partiti, in cui si tende alla scorrettezza e alla corruzione a danno degli onesti e dei virtuosi. A cascata la problematica si riflette sull’ organizzazione degli enti locali, abbandonati alla inettitudine. Osserviamo delle bellissime città, che non hanno recepito il vento della storia e si sono adagiate su una gestione di sonnolenza e di apatia, anche in presenza di potenzialità evidenti e a portata di mano.

Siamo in notevole ritardo nella crescita etica e tradizionale; ora diventa perentorio e prioritario prendere coscienza sui rischi del feticismo del mercato finanziario, matrice d maggior parte delle crisi economiche e dei problemi occupazionali. Si allude alla Governance degli Stati, agli economisti sonnolenti e ai giornalisti che possono propiziare una riflessione profonda. In concomitanza occorre avviare un processo di formazione per politici, allo scopo di poter contare su statisti talentuosi con visioni larghe e innovative, sempre in una concezione di etica economica.

Print Friendly, PDF & Email

About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.