Etichettatura per tessili. Il focus di Giuseppe Rocco
Nel campo del tessile-abbigliamento, vengono richieste sempre più normative, tali da consentire la conoscenza del prodotto. Nella griglia delle indicazioni il comparto attiene al seguente plesso normativo.
- La composizione in fibre tessili, ai sensi dell’art. 8 D.Lgs 194 del 22 maggio 1999, in attuazione della direttiva 96/74/CE.
- L’indicazione in lingua italiana, ai sensi dell’art. 1 della legge 126 del 10 aprile 1991.
- Paese di origine se situato fuori dall’Unione europea, ai sensi art. 6 punto c, codice del consumo, adottato con D. Lgs 206 del 6 settembre 2005: indicazione rinviata sino all’emanazione di un decreto di applicativo del Ministero delle attività produttive. Decreto non emanato a seguito freni da parte dell’Unione europea e quindi congelato.
- Ragione sociale ed estremi del produttore sul prodotto o sull’imballaggio, in forza delle norme di sicurezza, ai sensi art. 104 punto 4 del Codice del consumo; se merce estranea all’Unione europea il nome dell’importatore o del distributore. Norma disattesa dalla maggioranza delle imprese tessili, in quanto ad oggi non è stato ancora affidato controllo a nessuno Ufficio pubblico o Ente e quindi vengono a mancare le sanzioni. Infatti l’unico Ente incaricato ad effettuare ispezioni sui tessili-abbigliamento è la Camera di commercio, i cui ispettori si interessano della composizione e della scritta in italiano, ma non sono abilitati ad effettuare controlli sulla sicurezza.
- Paese di origine o luogo di fabbricazione, sotto il profilo della lotta alla contraffazione. Esiste un disegno di legge S 1195-b che da due anni viene rimbalzato tra le due Camere legislative e soltanto il 9 luglio c.m. il testo è stato licenziato, ma non ancora promulgato (Vedi allegato in fondo). Questa norma, appena operativa, costringe le imprese a tali indicazioni che applicano il marchio italiano ma che vendono prodotti non originari dell’Italia.
Ne consegue ai fini dell’applicazione del “made in……..”
- Dal punto di vista dell’origine diretta, l’art. 6 del D. Lgs 206/2005 resta congelato per pressioni dell’Unione europea e non si conosce se e quando andrà in vigore.
- Dal punto di vista delle norme di sicurezza va indicata la ragione sociale e il nome del produttore, ma l’art. 104 punto 4 del D. Lgs 206/2005 pur essendo efficace resta parzialmente disatteso per mancanza di sanzioni operative. La strategia prioritaria era rivolta ai pezzi meccanici, certamente più pericolosi, ma nel tempo è stato riscontrato un certo rischio anche per gli articoli tessili e giocattoli cinesi che in alcuni casi generano allergie.
- Dal punto di vista della lotta alla contraffazione, la legge in itinere appena licenziata dal Senato (1195-b) aggira l’ostacolo dell’Unione europea ed introduce l’obbligo del luogo del fabbricante o del Paese di origine, per le imprese come la KAAMA che pone il proprio marchio (Vedi allegato ultima pagina). La lotta alla contraffazione è divenuta di notevole importanza per la dinamica di trasformazione sociale, per la conversione dei mercati e soprattutto per l’espansione delle merci orientali, che hanno posto il nostro Paese in vistose difficoltà a causa della spietata concorrenza in termini di prezzi e in quanto prodotti scadenti, venduti spesso con marchi italiani. La filosofia di questa emananda legge vuole evitare l’equivoco per merci estere che possano essere scambiate per prodotti italiani. Nella fattispecie la Vs. ditta, ponendo il marchio Kaama (senza che venga indicato il Paese di origine), potrebbe ricadere nelle indicazioni fallaci; ciò in quanto qualsiasi operatore, con una semplice visura o ricerca presso la Camera di commercio, riesce a sapere che la ditta opera in Imola, cioè in Italia ed è indotto ragionevolmente a ritenere che la merce sia di origine italiana. L’indicazione del marchio KAAMA senza la specificazione della fabbricazione in Moldavia costituisce reato, punibile con il codice penale.
Nell’architettura dell’attività produttiva e del commercio mondiale, la materia prima, nella fattispecie il filato, in genere proviene dall’estero e spesso dai Paesi orientali. Considerato che la trasformazione dell’origine opera dal filato al tessuto, se acquistate tessuti in Italia e in Germania o altro Paese comunitario vi potrebbe essere il rischio che il prodotto (il tessuto) sia considerato di origine straniera. Ispezioni della Guardia di finanza potrebbero creare problemi abbastanza consistenti.
Si consiglia pertanto al momento dell’acquisto di farsi dichiarare per iscritto da parte del venditore che la merce è di origine italiana ovvero di origine comunitaria, potendo nella eventualità produrre il documento ai competenti ispettori.
L’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza costituisce reato ed è punita ai sensi dell’articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana; ovvero l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell’Italia o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera.
Foto di Michal Jarmoluk da Pixnio
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