Franco Iavarone, un artista napoletano a tutto tondo, si racconta

Teatro, cinema, pittura, ha lavorato con i più grandi da Fellini a Strehler a De Simone; un artista a tutto tondo che ti incanta nei suoi numerosi aneddoti intrisi di vita, una vita intensa vissuta al 50% come ama dire, ma che lo ha pienamente soddisfatto. Dal dialetto napoletano ai forbiti versi danteschi o shakespeariani, Franco Iavarone è un grande affabulatore che è un piacere ascoltare, un eterno bambino con l’animo curioso, entusiasta, una gioia di vivere che immette nei vividi colori delle sue opere pittoriche. Vive nella sua Napoli, nel cuore del centro storico e le pareti della sua casa raccontano i suoi incontri nel corso della sua lunga carriera, con foto, locandine del cinema e quadri.

Come ha iniziato la sua carriera?

Io facevo il sarto, ma amavo recitare e, stranamente, pur essendo napoletano, mi piacevano i grandi classici: Moliere, Shakespeare, Dante e mettevo in secondo piano il teatro napoletano. Napoli mi ha dato tanto, anche il mio talento, ma è anche una città che a volte limita gli artisti. Però poi ho dovuto ricredermi, perché il teatro napoletano è espressione di grandi maestri che mi hanno aiutato molto.

Anche Strehler amava la lingua napoletana che permette di recitare di tutto. La mia fortuna aver avuto la possibilità di entrare nella ‘Gatta Cenerentola’ di De Simone girando in tutti i teatri, una grande esperienza, addirittura alla Scala di Milano.

Amavo il teatro in lingua e al Politeama venivano i grandi di questo genere: Giancarlo Sbragia, Rossella Falk, Tedeschi, Mario Scaccia, Luigi Vannucchi, Romolo Valli per citarne solo alcuni. Io ero un semplice sarto e, per poterli vedere, mi feci assoldare da ragazzino a fare la claque e sognavo di lavorare un giorno con queste persone e dopo anni sono riuscito a lavorare con ognuno di loro, grazie alla mia caparbietà, verve, forza, direi ‘cazzimma’. Sbragia è stato poi mio regista, ho realizzato il mio sogno da ragazzino.

Quindi il Teatro è la veste che più le corrisponde?

Bisogna spendersi nella cultura, fare l’attore è una cosa seria, impegnativa, bisogna concentrarsi per non essere giudicati da se stessi e di questo ne ho avuto sempre timore. Non me ne sono mai visto bene, ma ho avuto una lunga carriera, ho girato nei miglior teatri. Grazie a De Simone, che usava distinguere la parte cantata da quella recitata e prese me, che non sapevo cantare, nella parte recitata. Mi sono trovato a recitare alla Scala ne ‘Il Sogno immaginario’ di Paisiello nei panni del barone Saverio Mattei, un intellettuale napoletano. Al San Carlo, invece, altro grandissimo teatro, con De Simone mi sono ritrovato a fianco del premio Oscar Vanessa Redgrave in diretta in mondovisione. Gli inglesi sono i più grandi attori da cui ho sempre attinto.

La cosa più difficile che ho fatto è stata interpretare Salieri di Puskin, un monologo in versi di mezz’ora, ogni sera una grande paura e per settanta e ottanta sere si è ripetuta ogni sera questa emozione.

E il cinema, cosa le ha lasciato?

Ho fatto tanti lavori teatrali di Shakespeare, ma sono maggiormente conosciuto per i film popolari napoletani, tutti eccellenti, come ‘Giallo Napoletano’ con Mastroianni, o “Il 32 dicembre” di De Crescenzo. Alcune mie battute sono diventate virali e piacciono tanto al pubblico, io sono un attore e posso interpretare sia Shakespeare, sia Dante che battute napoletane che restano nel ricordo della gente.

Tra i tanti film a cui ha partecipato a quale è più legato?

Sono legato ad un film in particolare “Ribelli per caso” di Vincenzo Terracciano, non tanto famoso. È la storia di cinque malati terminali che si ribellano ai medici, si fanno una grande mangiata rinchiusi in una stanza. È un film d’essai. Come personaggio di sicuro il Mangiafuoco di Benigni.

Tra più degli ottanta film girati quale è stato il più impegnativo?

Sicuramente quelli in lingua inglese, perché io non parlo l’inglese, ma per non perdere l’occasione imparavo le battute a memoria. Quando recitavo tutta la troupe si divertiva, poi venivo doppiato, ma intanto portavo a segno la mia arte recitativa. Ne ho fatti più di cinque. Una volta mi presentai a un provino per un film in costume e, non sapendo cavalcare, tirare di scherma, men che meno parlare l’inglese, pur avendo un” faccia giusta per il ruolo, non mi presero, allora capii l’antifona e al casting del film di avventura: ‘L’isola degli uomini di pesce” di Bevilacqua non dissi di non saper nuotare pur girando il film in un’isola. Dopo 18 pose dovetti dire di non saper nuotare e utilizzarono una controfigura, un ragazzo magrissimo rispetto a me: si tuffava, ma dall’acqua uscivo io. L,a magia del cinema!

E la pittura che posto occupa nella sua carriera?

La pittura è un hobby, dipingo i miei amati personaggi da Riccardo II, Re Lear, Don Chichotte, Caronte, ma anche le donne e Pulcinella. Regalo i miei disegni agli amici. Non mi ritengo un pittore.

Se dovesse fare un bilancio della sua vita oggi?

Sono stato un ragazzo fortunato, ma alla fortuna ci sono andato incontro, non ho avuto tutto dalla vita, non sono sposato, non ho figli, vivo da solo, una vita al 50%, ma per me è andata bene così. Mi sento ancora piccolo, non sento il peso della vita, ho interpretato il gioco del teatro e della vita, mi ritengo un intellettuale analfabeta.

Mi ha aiutato il talento, l’attrazione che avevo per il teatro, ma mi è costato fatica, se avessi avuto la possibilità di studiare sarebbe stato più facile. Ho poi studiato leggendo e amando e poi interpretando i classici di tutti i tempi. Bisogna andare oltre il testo. Che poi alla fine si lotta tutta la vita per aver un bel funerale!

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About Angela Ristaldo

Angela Ristaldo, giornalista pubblicista per inseguire una passione per il giornalismo nata tra i banchi di scuola come espediente didattico privilegiato per educare i ragazzi, anche in tenera età, all'autonomia di giudizio e al senso critico. Organizza da anni un giornale scolastico che spazia tra gli interessi dei ragazzi agli stimoli circostanti che la realtà propone. Laureata in Lingue è dal 2005 insegnante di scuola primaria per scelta, credendo fortemente nella scuola come veicolo e velivolo formativo di cultura: unica arma per essere vincente in questi tempi così cangianti e difficili. Amante dell’Arte, spazia nei suoi articoli, tra le più svariate tematiche dal sociale alla scuola senza mai perdere di vista la bellezza insita in tutte le cose se la si sa osservare e valutare.