I ricordi… memorial Maria Lidia de Rosa
L’emozione è la protagonista del memorial che Giuseppe Saviano ha voluto quest’anno dedicare alla dottoressa Maria Lidia de Rosa all’interno di Sportdays 2017.
Un’emozione che sa bene contenere Mario Marano, organizzatore dell’incontro, nella sua presentazione, nel ringraziare i presenti e nello spiegare che cosa sia il fenomeno randagismo e il suo peso economico-sociale. Parole semplici che danno l’idea della drammaticità del problema e delle scarse soluzioni che le istituzioni provano a dare.
La figura della Dottoressa de Rosa si inserisce bene in tale discorso giacché, come spesso ho scritto, il suo operato andava ben oltre quello di operatrice del settore veterinario e si esplicitava nel suo impegno verso i randagi e i quattro zampe sfortunati.
Il secondo intervento è di Agostino de Rosa, fratello della dottoressa, medico anche lui, che dopo i ringraziamenti cerca di delineare un ricordo della sorella, precisando che è difficile impostare un ricordo collettivo perché ognuno ha i propri e anche nel singolo esso è frammentario.
Allora l’unico ricordo che avrebbe potuto accomunare i presenti è la commozione.
Commozione significa realizzare un sentimento comune presente in ciascuno di noi.
“È solo attraverso la commozione che i ricordi possono diventare il ricordo di Maria Lidia. Ricordo collettivo e partecipe.” continua Agostino.
La ricorda il fratello come una professionista eccezionale, aveva una profonda conoscenza scientifica associata a capacità tecniche – operative fuori dal comune. Ma non era solo questo. In un’epoca in cui tutto è mercificato, in cui è divenuto merce, anche il lavoro intellettuale e la salute è diventata essa stessa valore di scambio; lei ha sempre rifiutato, nel pensiero e nella prassi, questo stato di cose e questo modello di comportamento.
Il suo lavoro non era merce, finalizzato al guadagno, ma era passione, lo faceva per una spontanea predisposizione del suo animo buono.
Il dono, a differenza dello scambio, presuppone amore ed era amore mediato dalle sue capacità, ciò che lei donava a tutti gli esseri senzienti, a tutti gli animali sofferenti di fronte a cui veniva a trovarsi e alle persone che se ne prendevano cura. Lei si donava in maniera assoluta, nulla pretendendo in cambio se non la soddisfazione della guarigione utilizzando in maniera estrema, spesso addirittura eccessiva, le proprie energie e facoltà.
Per finire Agostino ricorda la sua esperienza di quando era un giovane studente in medicina e un giorno un esperto medico pediatra, sempre avellinese, gli disse che le qualità fondamentali e imprescindibili di un medico sono competenza e umanità, questo vale certamente anche per la professione di medico veterinario e questo era Maria Lidia nel suo ruolo professionale.
Il fratello Nicola, nel suo breve saluto approva molto anche il luogo di tale memorial giacché Maria Lidia era stata anche una sportiva mentre Valentina Gavitone, amica e volontaria nella cura e salvaguardia dei randagi, sottolinea che è sempre più difficile arginare il problema del randagismo.
Si occupa di adozioni da più di dieci anni, principalmente nel centro e nel nord Italia, dove sono più rassicuranti, ma comunque la situazione tende a peggiorare perché non si pratica la sterilizzazione, non si applicano i microchip e spesso le cucciolate abbandonate provengono da accoppiamenti di cani padronali.
I canili sono sovrappopolati e non si effettuano controlli per valutare le condizioni igienico sanitarie dei cani.
Un provvedimento che bisognerebbe assolutamente prendere è quello del censimento dei cani meticci, compresi i padronali, per cercare di farne una stima e controllare le nascite.
Riguardo la dottoressa de Rosa, ciò che le manca di più è la sicurezza che le dava nella certezza di poterla chiamare in caso di necessità, ed essere risposta, in qualsiasi giorno e ora.
Racconta uno degli ultimi episodi di quando una cucciolata si era ammalata di gastroenterite e al momento di pagarla la dottoressa le rispose: “Consideralo un caffè sospeso”.
Con questa frase dimostrò anche a Valentina la sua grandezza.
Ed ecco che poco alla volta quella emozione che aveva fatto solo capolino prende il sopravvento.
Valentina conclude tra le lacrime (come quasi tutti noi) che a lei Maria Lidia de Rosa non avrebbe dovuto dimostrare mai niente.
Come ha voluto sottolineare il suo compagno, Michelangelo Fiore, nel suo brevissimo saluto rotto dalla commozione, hanno già detto tutto gli altri.
Noto solo che, tra un applauso e un altro, i cani presenti abbaiano e non so se è per un riflesso, un fastidio o qualcos’altro.
Grazie per le foto ad Antonio Colucci.
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