La funzione del mercato sociale. Il focus di Giuseppe Rocco

Le società di mutuo soccorso sono i diretti predecessori dei sindacati italiani. Si sono sviluppate verso la metà dell’800, assumendo una tonalità religiosa. Esse svolgono, con l’appoggio economico di ricchi patrocinatori, l’assistenza e la beneficenza nei casi di malattia, vecchiaia e disoccupazione.

Le società di mutuo soccorso costituiscono il punto di passaggio dalle istituzioni di beneficenza alle prime forme di previdenza. Sorgono successivamente le Camere del lavoro, con lo scopo di organizzare tutti gli operai. Nel 1880 si festeggia per la prima volta il primo maggio.

Quando l’amministrazione pubblica si è formata nell’ottocento e nel novecento, si identificava come Stato guardiano o regolatore, ora lo Stato è divenuto funzionale ed erogatore di servizi. La salute, nello Stato regolatore, veniva considerata un interesse del singolo e la medicina una scienza curativa in caso di malattia; oggi la salute viene ritenuta un patrimonio collettivo e la medicina assurge a terapia preventiva, postulando interventi congegnati che soltanto l’Autorità pubblica può gestire, anche tenendo conto dei riflessi sull’ambiente. Questo salto di qualità è divenuto un passaggio semantico nella vita del cittadino, che configura lo Stato parte di se stesso e finalizzato ai problemi collettivi e non interessi di pochi come poteva essere nel passato. L’acquisizione di nuove e complesse competenze da parte dello Stato è avvenuta purtroppo con scarsa efficienza, generando una sorta di complicazioni burocratiche e opache responsabilizzazioni, in cui non si capisce chi organizza e chi decide, in un vortice di meccanismi perversi, nonostante di recente esista una norma sul responsabile del procedimento. Una sana organizzazione postula una proficua agilità delle operazioni, affidate a qualcuno che ne risponda in modo ufficiale. Troppe leggi, regolamenti e decreti hanno posto le condizioni per minare il buon senso: leggi che regolano altre leggi e che ne frenano gli adempimenti. Leggi che non possono essere applicate in quanto mancano i decreti applicativi, oppure sono tanti e contorti!

I sogni notturni rispecchiano in modo allusivo, criptico e traslato una realtà parziale, ma i sogni per il benessere devono costituire una traiettoria verso la realtà. Nel campo sociale, il ruolo potenziale ed emblematico del sindacato è fuori discussione. Rappresenta i lavoratori per assicurare agli stessi una dignitosa sopravvivenza e una protezione contro il datore di lavoro. La genesi ha un valore di grande spessore sociale e morale.

La pratica del movimento dei lavoratori è andata continuamente declinando, in quanto l’istituto ha assunto un rilievo politico e meno contingente. Il Jobs Act di Renzi ha caducato l’impegno dei rappresentanti per la difesa del posto di lavoro, ponendo il dipendente alla stregua di una pedina da gestire senza il dovuto ritegno.

Dal punto di vista organizzativo, le pecche sono simili alla carriera partitica. Le elezioni dei dirigenti avvengono con metodi democratici soltanto formalmente in quanto di fatto si assiste a vere e proprie forme di nomina e di cooptazione.

Una simile organizzazione deprime la libertà di opinione e configura il movimento in modo burocratico e acritico. Soltanto i vertici possono esprimere una linea politica, spesso soggetta a connivenza con partiti di riferimento.

Nel tempo la forza del Sindacato è stata indebolita. Ha iniziato il Governo Amato del 1993, trasformando il consenso sindacale in concertazione, per arrivare agli ultimi anni, in cui le forze sindacali non venivano neanche convocate dal Governo per offrire un parere sull’andamento delle leggi rapportate alla massa dei lavoratori.

In una situazione lacerata anche dalla grave crisi economica, questa forza politica perde il suo peso in generale per non poter collaborare alla crescita professionale e in particolare per non poter difendere il singolo lavoratore da eventuali soprusi del datore di lavoro. Per la minima componente di rappresentanza sindacale, la gestione intrigante dell’affidamento delle cariche rende opaca e banale una potenzialità importante del nostro sistema di democrazia collettiva.

Riesce difficile credere a una rifondazione del movimento sindacale nel rispetto e nella dignità del lavoratore, purtroppo anche alla luce dell’importazione ideologica del modello americano che ha scarsa considerazione della classe operaia. Inoltre le logiche dell’universo a morfologia capitalistica instillano caratteri di feticci, come nel caso del dominio del mercato finanziario.

Ciò non deve rappresentare una sorta di abdicazione alla libertà e all’equilibrio delle forze socio-politiche, ma far sperare di riaffermare i principi costituzionali per un nuovo soggetto sindacale, in grado di collaborare con lo Stato e con le associazioni di categoria e nel contempo di assicurare quella garanzia sufficiente per i lavoratori subordinati.

La gente non esce di casa e si affida al computer e alla televisione. Vive in particolare di web. Una volta i giovani erano fuori a giocare a palla, a bigliardo, a bigliardino, a calcio balilla, a incontrare fanciulle, a ballare e cantare. Gli stessi adulti si trovavano a parlare di calcio e di politica e intanto a giocare al bar; gli anziani ai giardini pubblici a richiamare le gesta giovanili di qualche scorribanda piacevole. Oggi la piazza centrale rimane vuota, abulica ed opaca; viene a mancare quello entusiasmo che sprigiona dal territorio e dagli amici di infanzia. I giovani sono al computer a scambiarsi messaggio in un clima d solitudine, che toglie anche la speranza del domani.

Il rispetto della moda è un riferimento, ma non un impegno cogente. Vedere giovanissimi con pantaloni cadenti e loro che devono tenerli per non farli cascare è diventata una mostra infelice e squallida. Non tutti cascano nel tranello di una moda scadente; parecchi vestono in modo regolare perché hanno una certa personalità. Purtroppo chi non dispone di un’idonea personalità o non può contare su una accettabile educazione familiare può cadere nell’insidia delle mode che non abbelliscono, ma abbruttiscono. Questo esempio è solo una citazione. Le mode sono tante e pure a livello culturale, altrimenti non avremmo gli ultrà armati di catene e coltelli nei sostenitori delle squadre di calcio, ma avremmo i tifosi ben pensanti e corretti. La moda si estende a tutte le categorie e a tutte le età, con un inquinamento che rasenta l’adorazione dei feticci, al punto da poter intravvedere un accostamento con la superstizione.

Nel campo finanziario il fenomeno sta assumendo dimensioni pericolose, in quanto l’uso indiscriminato e speculativo dei titoli in Borsa ha già alterato la visione economica, regalando al pianeta terra un dislivello di condizioni sociali che stanno procurando danni eccezionali. La stessa accettazione di un capitalismo non controllabile, che si erge sopra gli Stati ha finito per rendere il lavoratore un oggetto squalificato, peggiorando persino l’andamento esposto da Karl Marx, che vedeva nel lavoratore la fisionomia di un oggetto al servizio del capitalista. Oggi il lavoratore non è neanche tale, ma aspirante lavoratore in attesa di un posto precario; ove il lavoro esiste non è però garantito dalla sicurezza in quanto il tempo è disposto dal capitalista, il quale può licenziare o trasferire l’azienda in altra zona della terra; ovvero può introdurre sistemi di lavorazione sofisticati e inquinanti da porre in discussione la sopravvivenza fisica.

Una forma tipicamente italiana riguarda “il gioco delle elezioni”. I partiti nostrani rivendicano continuamente di votare in nome del popolo italiano, mentre il popolo in verità vuole governo stabile e non litigioso; esso vuole lavoro e benessere. I partiti non vogliono il bene dell’Italia ma il proprio potere e, se qualcosa non è gradito sull’esito del voto, vogliono ritentare a guisa di un gioco. Le spese per le elezioni sono elevate e pesano sul bilancio statale; inoltre conferiscono un senso di turbolenza alla gestione politica; infine destano incertezze nei rapporti con gli Stati esteri, soprattutto in uno scenario di Unione europea ove la presenza fattiva dello Stato è indispensabile.

Il quadro rappresentato è decadente: mostri architettonici in demolizione, mari inquinati dagli scarichi industriali, strade che si sgretolano, palazzi che vengono giù a pezzi con la minima scossa tellurica. L’orrore ambientale è lo specchio dell’avidità e della grettezza morale di un Paese che tira avanti con il colpo di gomito e la strizzatina d’occhio: il qualunquismo è trasversale e colpisce tutte le classi sociali.

La globalizzazione, incentrata soltanto sul basso prezzo dei prodotti, ha comportato la carenza della qualità, la perdita di posti di lavoro, aumentato lo sfruttamento dei lavoratori e favorito la concorrenza sleale. La nuova stravaganza del modello socioculturale, che predilige la finanza sull’economia reale, cancella i diritti fondamentali dell’uomo. Il paradigma dominante deve essere l’uomo, in modo che l’economia finanziaria deve rappresentare un mezzo per raggiungere gli scopi della società.

Il processo di finanziarizzazione inizia nell’agosto del 1971, quando Nixon dichiara unilateralmente la fine della convertibilità del dollaro in oro: col sistema di cambi flessibili l’inflazione passa dal 4,4 al 24%, preparando il dramma della finanza fuori controllo. Da allora il nuovo modello liberistico, assunto come fine, giustifica l’accumulazione personale illimitata e lo sdoganamento dell’aggressività umana. L’economia finanziaria con le sue speculazioni crea patologie sociali e diventa un puro calcolo aritmetico lontano dalla realtà ma assunto a verità incontrovertibile.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.